Intervista all'insegnante e scrittore che ha come riferimento Mike Bongiorno. Con un sogno speciale nel cassetto...
“Capitano, mio capitano”, gridano all’unisono gli scolari di un rigido college del New England. Si stanno rivolgendo al loro professore, John Keating (alias Robin Williams), il maestro che tutti vorrebbero avere. Il film L’attimo fuggente è soltanto uno dei tanti film che parlano del mestiere di insegnante. Una professione, anzi una vocazione, sempre più presa di mira da genitori intolleranti, politici incompetenti e opinionisti disinformati.
Spesso, infatti, si parla per luoghi comuni: gli studenti non leggono più, i docenti sono allo sbando, le scuole sono diventate teatri di violenza. Realtà o bufale? La persona giusta per rispondere a questa domanda è Nicolò Barretta, professore di Lettere presso l’Istituto “Mantegna” di Mantova e, da qualche anno, affermato scrittore e giornalista.
Nicolò, partiamo dalla novità più recente: lo scorso 12 ottobre è arrivato un altro riconoscimento speciale perla tua carriera da scrittore…
“Mi sono aggiudicato il “Premio letterario internazionale Montefiore”, nella categoria “Targa opere edite”. Tutto è iniziato la scorsa primavera, con la pubblicazione del mio nuovo libro, La clinica dei misteri. Visto il successo dell’opera, la casa editrice Il Rio (con la quale ho pubblicato il volume) mi ha chiesto se volessi partecipare a questo concorso letterario. Ho accettato e, a fine agosto, è arrivata la notizia della mia vittoria. La consegna si è svolta a Montefiore Conca, un delizioso borgo dell’entroterra riminese. È stata un’esperienza emozionante, che tra l’altro mi ha permesso di conoscere alcune celebrità, come il generale Cornacchia (colui che ritrovò il corpo senza vita di Aldo Moro, il 9 maggio 1978)”.
La clinica dei misteri è un successo editoriale. Qual è il segreto di questo libro?
“Il fatto che sia rivolto a tutti. La trama ha per protagonista un ragazzino, ma i temi trattati riguardano anche gli adulti. E poi, come dico sempre, i libri e i film per bambini hanno sempre un significato universale, che va oltre le differenze d’età. Credo, inoltre, che sia un racconto coinvolgente. La curiosità di Paolino – il protagonista – contagia il lettore, facendolo tornare bambino.”
Stai già pensando ad un nuovo progetto editoriale?
“Sì, ho già deciso il titolo: Il bambino del miracolo. Il libro racconta la storia di mio padre, nato nel settembre del 1942 a Napoli, nel pieno della guerra. Nel gennaio seguente, il palazzo dove abitava fu bombardato: dei 70 bambini messi nel rifugio, fu l’unico a salvarsi, grazie all’intervento di una sua sorella, che lo estrasse dalle macerie scavando a mani nude. La stessa sorte toccò a mia nonna, salvata anch’essa da una sua sorella. Madre e figlio legati dal medesimo destino, quello di subire la tragedia della guerra e di sopravvivere, per poterlo raccontare. La trama è questa, però alcune parti sono romanzate. Per esempio, ho immaginato di essere un quindicenne incuriosito dai ricordi del padre. Mi piacerebbe concepirlo come un romanzo a puntate, come se fosse la sceneggiatura di un film”.
I tuoi libri hanno spesso per protagonisti gli adolescenti. Nella vita reale, invece, viene dato loro lo spazio che meriterebbero?
“Non sempre. A volte, i ragazzi sono sottovalutati dagli adulti, che tendono a vederli attraverso il filtro dello stereotipo. Io vivo quotidianamente a contatto con i giovani e mi accorgo di quanto siano vogliosi di fare e di organizzare. Per questo, bisogna dare a loro il giusto spazio, quello di protagonisti del mondo presente e futuro”.
Che opinione hai dei social network? Tu li utilizzi?
“Se usati per promuovere contenuti di qualità, ben vengano. Personalmente, uso di frequente i social per condividere argomenti letterari, cinematografici e televisivi. Credo che l’insegnante di oggi debba conoscere questi strumenti, per tenere il passo dei suoi alunni e per mostrare loro un uso virtuoso delle tecnologie. Purtroppo, i social possono diventare anche fonte di bullismo e di violenza psicologica: pertanto, è giusto educare ad un uso consapevole e dialogare con i ragazzi in difficoltà. Per questo, ho voluto aprire uno sportello d’ascolto all’interno della scuola dove insegno. Mi metto a disposizione degli studenti per ascoltare i loro bisogni e dar forza alle loro parole.”
Come sono i ragazzi di oggi, rispetto a quelli di dieci anni fa?
“Rispetto ai miei primi anni di insegnamento, ho notato che gli studenti hanno più fragilità. Non è colpa loro, ma del contesto in cui sono immersi. I ragazzi che adesso frequentano le superiori hanno vissuto in pieno il dramma della pandemia. Per loro, le elementari e le medie sono state segnate da mascherine, distanziamento e tanta solitudine. A volte si sottovalutano queste conseguenze del Covid. I giovani di oggi, però, sono anche molto creativi e talentuosi. Hanno voglia di prendersi il futuro”.
Un libro e un film da consigliare agli adolescenti?
“Il libro che consiglio è Di fuoco e seta, di Manlio Castagna. È un romanzo risorgimentale, ambientato tra Solferino e Volta Mantovana. Un modo più leggero per conoscere un’importante fase storica del nostro territorio. Di film ne dico due: Ragazzaccio di Paolo Ruffini, e I quattrocento colpi di Francois Truffaut. Il primo racconta la storia di un bullo che prende in giro un ragazzo affetto da disabilità; il secondo è un classico del cinema e parla sempre di ragazzi”.
Come giudichi l’ambiente culturale mantovano? C’è vivacità o si potrebbe fare di più?
“Le iniziative ci sono, ma si può sempre fare di più. Coinvolgerei di più i giovani nella vita cittadina. Sarebbe bello, per esempio, organizzare un evento artistico curato dai ragazzi per i ragazzi”.
Libro a parte, hai un sogno nel cassetto?
Ne ho due. Il primo è irrealistico: fare il conduttore e direttore artistico del Festival di Sanremo. Il secondo, invece, si potrebbe realizzare ed è sempre a tema musicale: un volume sulle migliori canzoni pop e rock del Novecento, per far conoscere ai giovani la musica leggera del passato”.
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Forse non vedremo mai Nicolò Barretta sul palco dell’Ariston, ma una cosa è certa: il suo presentatore preferito è Mike Bongiorno, uno che di festival se ne intende. La frase più celebre di Mike è “Allegria!”.
Nicolò ha fatto di questo motto una ragione di vita, perché di allegria hanno bisogno i giovani. E di allegria ha bisogno il mondo intero.