Torna a CULTURA & SOCIETÀ
16/4/2025

"Dal caos al cosmo": viaggio a Palazzo Te

Da Rubens e Correggio sino all'attualità di Giuseppe Penone. Alla scoperta della mostra del Te

     

La mostra “Dal Caos al Cosmo. Metamorfosi a Palazzo Te” resterà visibile al pubblico fino al 29 giugno. Il percorso espositivo ospita una selezione di capolavori del Rinascimento italiano, favorendo così un dialogo tra Giulio Romano e altri maestri del suo tempo, da Tintoretto a Correggio, passando per Rubens e Poussin. Con uno sguardo anche alla contemporaneità, testimoniato dalla imponente scultura realizzata da Giuseppe Penone.

L’itinerario di visita non poteva che iniziare con la Camera di Ovidio, che ospita la sezione intitolata “Le favole di Ovidio”.

 

Miti antichi

 

Qui, accanto agli affreschi, si può ammirare un corpus di disegni dello stesso Giulio Romano, raffiguranti miti ovidiani legati all’amore e alla morte. In particolare, tra inchiostri e disegni a matita, sono esposti Bacco e Arianna, Contesa tra Apollo e Pan, La competizione musicale tra Apollo e Pan, Frammento di Baccanale, Morte di Orfeo e Il supplizio di Marsia.

I miti dell’antichità riflettono molte allegorie di concetti eterni. Tra questi, lo scorrere del tempo, visto nella sua ciclicità. Gli antichi greci, infatti, pensavano che la storia avesse un andamento circolare, per cui ogni evento era destinato a ripetersi. Una concezione che è rappresentata, nella Camera del Sole e della Luna, dall’affresco con i carri di Apollo e della Luna, che si inseguono giorno dopo giorno, fin dalla notte dei tempi.

In questa stanza, trova posto una copia del volume cinquecentesco Tutti li libri di Ovidio Metamorphoseos (1522), scritto da Niccolò Degli Agostini. È probabile che questo volgarizzamento dell’opera ovidiana sia stato consultato proprio da Giulio Romano per avviare il suo ciclo di affreschi sulle Metamorfosi. A rivelarlo, sarebbero alcuni dettagli pittorici, riferiti a descrizioni che compaiono nel volume di Degli Agostini e non nell’originale latino.

 

Sala dei Cavalli

 

Il terzo ambiente della mostra è la maestosa Sala dei Cavalli, dove è allestita la sezione “Virtù, Eros e Potere”. Spicca, tra le opere esposte, la Danae di Correggio (1530-31), che evoca il ciclo degli “Amori di Giove” che Federico II commissionò allo stesso Correggio in occasione del soggiorno dell’Imperatore Carlo V d’Asburgo a Mantova. In questa tela, la carica erotica della principessa di Argo evoca la lussuria che si respirava a Palazzo Te, ma anche il legame politico che i Gonzaga avevano instaurato con l’impero. La carrellata di trasformazioni mitologiche continua con le due incisioni di Adamo Scultori (Ercole che strangola il leone Nemeo e Ercole e Anteo), con i dipinti seicenteschi di Eugenio Cajès (Ratto di Ganimede e La favola di Leda) e con Minerva e Aracne di Jacopo Tintoretto (1575-85).

 

Amore e Psiche

 

La visita prosegue con la Camera di Amore e Psiche, altro fiore all’occhiello dell’edificio. Qui, il racconto del mito fatto negli affreschi viene messo a confronto con la versione dipinta da Jacopo Zucchi (Amore e Psiche, 1589), che riprende l’immagine dell’incontro tra la divinità e la bellissima giovane. Nella medesima stanza si trova un altro disegno di Giulio, raffigurante il mito di Giove e Olimpiade.

Tra le letture possibili della metamorfosi, trova spazio anche quella di movimento continuo del cosmo. Venti, costellazioni, segni zodiacali: nelle stelle sono scritti i caratteri degli esseri umani. Perciò, la Sala dei Venti è il teatro della sezione Dal caos, al doppio, all’ibrido, alle metamorfosi in movimento.

A proposito di doppio e di trasformazioni, si possono ammirare il Narciso al fonte di Giovanni Antonio Boltraffio, un Ermafrodito in avorio di Justus Glesker, e l’olio su tavola Salmaci ed Ermafrodito di Scarsellino.

Spostandosi nella Camera delle Aquile, l’attenzione si sposta su Superbia, punizione e violazioni. A peccare di ubris (cioè di tracotanza) è il Fetonte del mito ovidiano, sbalzato dal carro di Apollo per aver osato avvicinarsi troppo al Sole e precipitato nel Po. Giulio Romano ha immortalato, sul soffitto, il tragico momento della caduta. Oltre alla superbia, la metamorfosi assume il significato di strumento di inganno usato dagli dei per insidiare giovani ninfe: due opere esposte, Nettuno rapisce Anfitrione (Giulio Romano) e il Ratto di Proserpina (Rubens).

Arrivati nella Loggia del palazzo, si è colpiti dall’imponenza della Dafne di Giuseppe Penone, scultura bronzea realizzata nel 2014. La statua raffigurala ninfa che, cercando di sfuggire alla violenza di Apollo, si trasforma in pianta d’alloro. Si assiste ad una compenetrazione tra natura e materia, oltre che a una rilettura della scultura barocca di Bernini.

La visita prosegue con le fotografie che ricordano la mostra allestita nel 1927 dallo storico dell’arte Aby Warburg, sempre a partire dalle Metamorfosi, per poi concludersi con un ultimo omaggio ad Ovidio. Il poeta latino è celebrato dal dipinto di Nicolas Poussin, che ne rappresenta il Trionfo(1625), attribuendogli le sembianze del letterato seicentesco Giovan Battista Marino. Emblematico il titolo: Dal Caos al Cosmo: il trionfo di Ovidio.

 

Pubblicato su La nuova Cronaca di Mantova il  
4/4/2025
Francesco Raffanini