Alberto Borsari (1958-2023)
Nutriva un desiderio. Da sportivo qual era. Essere accreditato ai Giochi olimpici del 2024 a Parigi. Riuscire ad assistere alle gare e conoscere gli atleti di tutto il mondo. Utopia? Un sogno. Pressoché impossibile da diventare realtà. Disposto, persino, a raggiungere la capitale francese con la sua inseparabile bicicletta. Questa bici che accarezzava con mani e gambe. Anche testa. Sotto quel caschetto pulsavano i pensieri. Sereni. Abbinati ai battiti del cuore. Indomabile. Sino all’ultimo secondo. Quando, purtroppo, ha cessato di farsi sentire nel petto. Ultimo respiro. Estremo anelito di libertà. Per Alberto Borsari addio alla vita. Abbracciato al telaio, aggrappato al manubrio, appoggiato al sellino. Soltanto un attimo. Ancora un sorriso prima di cadere a terra. Infarto fulminante. Soccorso dagli amici. Tentativo di rianimarlo. Per oltre mezzora. Nulla da fare. Mattinata tragica nella cornice del Giro dell’Emilia.
Alberto arrivato a Soliera con gli occhi smaglianti di sempre. Simboli di una persona generosa, aperta, cordiale con tutti. Lui, felice di poter essere tra chi gode del sibilo delle pedalate quale antidoto al ritmo vorticoso dei motori. Non di rado – forsanche per scaramanzia – diceva che avrebbe voluto morire in bicicletta. Tanto l’amava. Sulla Look francese modellata a sua misura e immagine.
Migliaia e migliaia di chilometri, pedalando su e giù per città, valli, montagne. Con fisico scolpito da trentenne, altro che 65enne. Nella scorsa primavera una sfida: compiere il Giro d’Italia in solitaria: 5600 km nell’arco di 30 giorni. Non ce l’ha fatta. Impresa finita a metà: “Colpa di strade impossibili, per nulla adatte alle biciclette” disse al rientro a casa, a Pegognaga. E prima di partire aveva confessato: “Sono un felice pensionato, dopo aver lavorato a lungo quale tecnico della Telecom. Oggi, oltre alla famiglia, penso unicamente alla bicicletta. Ritengo che sia venuto il momento di cimentarmi in qualche cosa di nuovo, seppure impegnativo. Il Giro d’Italia che mi accingo a compiere mi metterà alla prova”.
Delusione? Macché. Alberto ancora e sempre, mattina e pomeriggio, a scivolare con leggerezza e gioia sulle strade. Al nostro giornale era particolarmente legato. Infaticabile nell’organizzare trasloco e dettagli essenziali nella sistemazione della sede. Famiglia e bicicletta, come sussurrava spesso, “sono i miei grandi amori”. Oggi più che mai parole incise nel cuore di chi gli ha voluto bene. E riecheggiano, soffuse, le note di “The Show Must Go On” dei Queen che Alberto ripeteva sovente. Sì, il suo viaggio continua.
La redazione del giornale abbraccia con affetto la moglie Ivana “Ivonne” Prevedelli e suo fratello Daniele, i figli Simone con Aurelia Martinico, Elena con Fabio Garrò, Elisa con Andrew Boscaini e le nipoti Aurora, Ines ed Esmeralda, oltre ai fratelli e alle sorelle di Alberto.
Werther Gorni