Subito moltissimi visitatori per le due rassegne mantovane
Villa di Giulio Romano Fiammingaliano o Italianingo
Ed è subito boom di visitatori. Sia a Palazzo Te che a Palazzo Ducale. Rubens sorprende e affascina. Le sue opere da ammirare, ma anche il suo pensiero da studiare. “Pittura, trasformazione e libertà” non sono concetti vaghi che illuminano l’esposizione nella Villa di Giulio Romano. Termini che la Fondazione Te ha fatto propri inaugurando la stagione autunnale proponendo questo peculiare punto di vista sul lavoro del maestro fiammingo da cui parte “la nascita di una pittura europea”.
Questa mostra, a cura di Raffaella Morselli in collaborazione con Cecilia Paolini, indaga l’opera dell’artista, protagonista e archetipo assoluto del Barocco. Mescolando Rinascimento e Mito, riesce a elaborare un nuovo linguaggio figurativo né fiammingo né italiano ma, come afferma la curatrice, potentemente “fiammingaliano” o “italianingo”.
L’immaginifica popolazione di divinità e di testi antichi inventati e citati da Giulio Romano a Palazzo Te sono la palestra ideale per il colto
Pieter Paul Rubens (Siegen 1577 – Anversa 1640), intellettuale rinascimentale formatosi nelle Fiandre su testi e immagini dai classici latini e greci, che a Mantova trova il luogo perfetto per immergersi nei sogni antichi.
A Palazzo Te, infatti, si consuma la conversione di Rubens da fiammingo a italiano, e il suo mondo si trasforma in quello di un linguaggio universale con cui parla a tutte le corti d’Europa. Appropriazione e interpretazioni fameliche, trasfigurate
volgendo lo sguardo alla statuaria antica, assimilando le modalità di Giulio Romano fino ad approdare a quella pittura sontuosa e colta inconfondibile. Un percorso che proprio in queste sale trovò il metodo, l’ispirazione e la direzione.
Le opere in mostra – complessivamente 52, di cui 17 del solo Rubens, divise in dodici sezioni, in prestito da musei internazionali come Louvre, Prado, Boijmans di Rotterdam, Galleria Nazionale di Danimarca, Musei Capitolini di Roma e Reali di Torino – sono state scelte in funzione del dialogo che riallacciano con i miti e con l’interpretazione che ne diede Giulio Romano nelle varie stanze, con l’obiettivo di creare una rispondenza tra le opere di Rubens e i motivi decorativi e iconografici che distinguono il palazzo.
L’ammirazione che Rubens ebbe per la straordinaria creatività di Giulio Romano risiede nel progressivo gigantismo che la sua arte assume dopo lo studio delle decorazioni nei palazzi mantovani. Pare infatti che il Maestro fosse solito appropriarsi di disegni giulieschi, o copie dei suoi assistenti, per utilizzarli come modelli, poi ritoccandoli secondo il suo metodo di studio: è il caso di alcuni disegni tratti dalla serie del
Trionfo di un imperatore romano prestato dal Louvre, in cui all’invenzione disegnativa di Giulio Romano a Palazzo Te nella Camera degli Stucchi si innesta l’intervento del Maestro.
Gigantismo che è particolarmente tipico anche delle invenzioni di Jacob Jordaens, sodale dello stesso Rubens – che non essendo mai stato in Italia conobbe proprio dai disegni “giulieschi” del collega la ricchezza immaginifica mantovana –, in cui si rintraccia un diretto riferimento a Giulio Romano accostando il Satiro che suona il flauto proveniente da Bilbao con il Polifemo della parete est.
Un aspetto inedito illustrato in mostra è poi l’introspezione psicologica del ritratto: il raffronto tra il Ritratto di Bartolomeo Cesi e la Dama delle Licnidi permette al pubblico di avvicinarsi e comprendere approfonditamente il modo di intendere il cosiddetto “ritratto parlante” di Rubens.
Torna l’annosa domanda se Rubens sia da considerarsi fiammingo o italiano: una domanda ormai superata
perché Rubens è l’uomo nuovo universale che oltrepassa i confini religiosi, geografici e politici, per inventare un nuovo linguaggio che è, a tutti gli effetti, internazionale. Una lingua figurativa europea, la prima della Storia dell’Arte.
Si rinnova anche per questa mostra la collaborazione con Factum Foundation, leader internazionale nell’innovazione e nella applicazione delle nuove tecnologie alla conservazione dei beni culturali, che per l’occasione ha realizzato una riproduzione in 3Ddella pala raffigurante
I santi Gregorio, Domitilla, Mauro, Papia, Nereo e Achilleo in adorazione della Madonna della Vallicella (Grenoble, Museo Municipale), fondamentale per i debiti che manifesta con la cultura rinascimentale, proposta da Rubens a Vincenzo I Gonzaga e tuttavia da lui mai acquistata.
Il progetto di allestimento, illuminazione e grafica in mostra è stato affidato a Paolo Bertoncini Sabatini, mentre il progetto grafico a Francesca Pavese. Catalogo Marsilio.