Ma era un concerto serio?
Il Settembre dell’Accademia, XXXII Festival internazionale di musica. Quinto concerto, mercoledì 21 settembre: Baltic Sea Philharmonic, diretta da Kristjan Järvi.
Tutto lascia pensare che sia un concerto come tanti, magari orientato sulla musica contemporanea, visto che degli otto o nove autori in programma, solo due, Jean Sibelius e Igor Stravinskij, sono morti e tra i viventi compaiono nomi, a noi sconosciuti, di compositrici poco più che ventenni. Peraltro la Baltic Sea è nota per i suoi programmi tutt’altro che convenzionali; e inoltre sappiamo in virtù di un paio di sue esibizioni di qualche anno fa, che questa giovane orchestra suona molto bene, e…tutto a memoria, caratteristica assolutamente unica nel panorama mondiale delle compagini sinfoniche! Dunque concerto da seguire con attenzione e interesse, accresciuti dal titolo dato all’intero programma – Midnight Sun – che, se per un verso allude alle bellezze naturali dei Paesi nordici, per altro verso sembra raggruppare tutti i pezzi sotto la comune etichetta di “musica a programma”.
Ma, seduti in poltrona, a musica iniziata, scopriamo ben presto che le cose non stanno affatto così. Scopriamo in primis che Midnight Sun è un progetto innovativo della Baltic Sea e del suo direttore, datato 2019, che muovendo dalla potenza suggestiva dei paesaggi nordici, vuole introdurre un modo nuovo di eseguire l’intero programma, e cioè senza interruzioni, quasi contenesse un’unica composizione, mixando addirittura i pezzi, al fine di creare un flusso continuo di musica che avvolge e coinvolge il pubblico in una nuova dimensione partecipata di ascolto.
Inutile seguire il programma di sala: Kristjan Järvi, che oltre che direttore d’orchestra, è anche compositore e produttore, ha smontato e ricucito il tutto in un unicum che scorre tra il reale e il visionario.
I giovani professori d’orchestra, tutti in piedi, tranne ovviamente i violoncellisti, e in abiti casual, si muovono dai loro posti e ballano mentre suonano, senza sbagliare un attacco. Piccole colonne luminose al neon, che adeguano colore e intensità al ritmo e ai volumi sonori, sono distribuite sul palcoscenico a mo’ di luna-park. Il direttore d’orchestra, appena può, saltella sulle sue bianche scarpe da ginnastica o si sposta vicino a uno strumento solista, o detta gli attacchi impugnando un vistoso strumento a percussione; arriva a balzare giù dal palcoscenico in platea e invita alcune signore della prima fila a ballare con lui sui ritmi sfrenati di timpani percussioni e ottoni, mentre il resto dell’orchestra scende a sfilare tra le poltrone. La musica del progetto Midnight Sun prosegue intanto senza sosta. A questo punto il lettore si chiederà se questo è un concerto di musica classica, quale ci si aspetta nella Sala dell’Accademia Filarmonica di Verona o se è uno spettacolo da Broadway.
Rispondo deciso: è un concerto in piena regola, con un grande direttore e una splendida orchestra, i quali tuttavia fanno di tutto per volare liberi fuori dalle gabbie della tradizionale fruizione della musica d’arte, per godere genuinamente del piacere di far musica insieme e per trascinare il pubblico a condividere con loro un’esperienza esaltante.
Ci credereste? Il pubblico veronese, che non è dei più giovani né dei più modernisti, l’ha capito e si è lasciato catturare. A fine concerto, dalle porte del teatro uscivano persone sorridenti, magari anche con qualche riserva, ma felici di esserci state.
r.c.