Filarmonico esaurito per il pianista dalla intensa sensibilità
Suona Bollani? Sold out garantito! E così è stato anche al Filarmonico di Verona, dove il 10 settembre scorso ha preso il via il blasonato Settembre dell’Accademia, giunto alla 32ª edizione.
Il celeberrimo e simpaticissimo Stefano Bollani, pianista jazz con studi “classici” alle spalle, ha portato una ventata di novità in una manifestazione, il Settembre appunto, per sua costituzione votata alla musica sinfonica cosiddetta “classica” eseguita da grandi orchestre internazionali.
Ma i tempi cambiano, e il calendario completo del Settembre 2023 ne è la testimonianza. Non si può ignorare che nuove musiche entrano in circolo, che la sensibilità musicale e la fruizione stessa della musica sono connesse alla cultura del proprio tempo, che il pubblico cambia di generazione in generazione. Dunque: benvenuto Stefano Bollani nel Tempio del sinfonismo classico!
Il pianista non era comunque solo, ma lo accompagnava uno dei migliori complessi italiani, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, diretta dallo slovacco Juraj Valčuha, che dal 2009 al 2016 ne era stato Direttore Musicale. Ben costruito il programma, che, facendo perno sulla Rhapsody in Blue di Gershwin, inseriva altri tre pezzi, tutti afferenti, sia pure in modo diverso, al mondo musicale americano. In apertura la brillante e ricca di fantasia Ouverture dall’opera comica Candide (1956) di Leonard Bernstein; seguiva Red, sezione centrale della più ampia composizione in tre movimenti Color Field (2021) della 43enne Anna Clyde, londinese ma residente negli USA. In entrambe queste pagine, diversissime per ispirazione e per sviluppo narrativo, emergeva comunque l’affermazione del ritmo percussivo come base di fondo, sul quale si innesta la vivida sonorità dell’orchestra.
Il timbro strumentale domina in tutta la Rhapsody in Blue (1924) di Gershwin, a cominciare dall’iniziale glissando del clarinetto solo, che dal pianissimo della prima nota sale vorticosamente all’acuto più stridente, dettando la voce della modernità. L’andamento rapsodico – lo denuncia il titolo stesso – della composizione si tinge di volta in volta di colori orchestrali, di timbri e di ritmi, che provengono dal territorio americano, dal jazz per esempio o dalle nuances del blues. L’organico è quello europeo del Concerto per pianoforte e orchestra, ma la “sostanza” è quella della musica americana della prima metà del Novecento, la musica di Broadway, nella quale il pianoforte trova linguaggi per lui insoliti, nuovi. Nella Rhapsody è pur sempre lo strumento solista in dialogo costante con l’orchestra, ma spalanca ampi spazi alla libertà di interpretazione, per non dire di invenzione, del pianista; il quale, se ha la genialità, l’istintiva musicalità, la tecnica ferrea del grande strumentista e la forza inventiva di Stefano Bollani, può anche permettersi di spingersi oltre la partitura di Gershwin e inserire, come è avvenuto a Verona, un paio di cadenze di puro jazz, tutte sue, straordinarie sotto il profilo tecnico. Scandaloso? Assolutamente no! Contrario ai principi della filologia? Neppure! Le cadenze sono sempre esistite da Bach in poi, ad libitum del solista. E se anche erano puro jazz, si inserivamo perfettamente nella linea di sviluppo dell’opera, si integravano con la partitura originale: merito anche del direttore Valčuha, sempre attento al nuovo che avanza (il lettore avrà notato che il pezzo Red, di cui si è detto poco sopra, ha solo due anni di vita!) e certamente d’accordo con Bollani. In conclusione: gran bella esecuzione quella sentita a Verona, illuminata dal genio di Bollani e salutata dal pubblico con insistenti e clamorosi applausi, ricompensati da tre di quelle “invenzioni” al pianoforte che, accompagnate da qualche breve sketch del pianista, sembrano voler divertire il pubblico, e sono invece preziosi cammei musicali.
La seconda parte del programma riportava alla tradizione concertistica con la Sinfonia n.9 op.95 “Dal nuovo mondo” (1893) di Antonin Dvořák, composta dal musicista boemo a New York, dove era stato invitato a dirigere il locale Conservatorio di Musica. L’impianto classico europeo accoglie elementi e motivi della musica americana, che avevano suggestionato l’autore; da qui l’intestazione “Dal nuovo mondo”.
Juraj Valčuha ha offerto una lettura volta soprattutto a evidenziare i contenuti melodici dei quattro movimenti: ne hanno tratto beneficio i primi due, soprattutto il secondo (Largo), il cui celeberrimo tema, esposto dal corno inglese, ha potuto godere di un’ottima strumentista solista. La pulsione ritmica del terzo movimento, ispirata dalle danze popolari ceche, è risultata adeguatamente scandita, ma forse un poco contenuta sul piano della sonorità. Idem dicasi del conclusivo Allegro con fuoco, in cui del maestoso tema finale si è sentito bene l’Allegro, un po’ meno il fuoco!
Prossimi appuntamenti del Settembre: venerdì 15 l’orchestra barocca Frau Musika presenta otto Concerti per strumenti vari di Antonio Vivaldi; sabato 16 la Royal Philharmoc Orchestra (dir. Vasilij Petrenko, Julia Fischer violino) esegue opere di Musorgskij, Čajkovskij e Rachmaninov; martedì 19 l’Orchestra Italiana del Cinema diretta da Leonardo Benini suona pagine di Morricone, Rota, Piovani, Bacalov e altri; giovedì 21 settembre la Baltic Sea Philharmonic (Kristjan Jārvi dir.e pf.) propone pagine di Rautavaara, Grieg, Pārt, Jārvi e Stravinskij. Tutti i concerti iniziano alle 20.30. r.c.