In Arena il Teatro alla Scala stupisce con un grande Chailly
Il 100°Arena Opera Festival, giunto ormai alle battute conclusive dopo due mesi intensi di spettacoli che hanno richiamato il grande pubblico nazionale e soprattutto internazionale, ha toccato il 31 agosto scorso il momento più denso di significati: se a celebrare le “Cento volte la prima volta” – come recita il felice slogan della manifestazione – sono calate a Verona le migliori e più acclamate voci del panorama lirico mondiale, molte delle quali debuttanti in Arena, non c’è dubbio che il debutto più esaltante e celebrativo sia stato l’ingresso, attraverso la sua Orchestra e il suo Coro, del Tempio per eccellenza della lirica, il Teatro alla Scala. Mai, infatti, Orchestra e Coro del teatro milanese erano stati ospitati nell’anfiteatro veronese, mai su quel podio era salito il Direttore Artistico e Musicale della Scala, il maestro Riccardo Chailly.
Celebrativo anche il programma del concerto, tutto dedicato a Giuseppe Verdi, l’autore da cui partì “la prima delle cento volte”, e che è di gran lunga il più presente nei calendari areniani; e non è certo un caso che tale programma si sia aperto con tre pagine di Nabucco, opera molto amata in Arena, e si sia concluso con il grandioso “Trionfo” dell’Aida, icona insostituibile del Festival. Un programma sinfonico-corale sul nudo palcoscenico, senza le voci soliste dei “divi”, sapientemente costruito per mettere in luce in particolare l’evoluzione del Coro in Giuseppe Verdi, dalle opere giovanili come Nabucco e I Lombardi alla prima crociata – inevitabili dunque le rispettive pagine patriottiche di “Va’, pensiero, sull’ali dorate” e di “O Signore, dal tetto natìo” – fino alla maturità avanzata di Aida. Disposti in ordine non propriamente cronologico, ma quasi, i pezzi corali denotavano non solo la crescente varietà stilistica, ma anche il sempre più complesso sostegno orchestrale, che si arricchisce di ritmi e di colori nuovi.
Dal baldanzoso “Si ridesti il leon di Castiglia” di Ernani al gioioso “Chi del gitano i giorni abbella? La zingarella!” da Il Trovatore (unico neo: la soppressione del battito ritmato sulle due incudini, posto in partitura come gesto di assoluta novità!), dall’esultante “Spuntato ecco il dì” del Don Carlo al picchiettato e misterioso coro delle streghe dall’Atto I di Macbeth, dal dolente “Patria oppressa” dall’Atto IV dello stesso Macbeth, fino al trionfante “Gloria all’Egitto” di Aida, è stato un emozionante percorso artistico e creativo di Verdi, che il meraviglioso Coro della Scala, preparato da Alberto Malazzi, ha fatto emergere in tutta la sua ricchezza.
Ma a conferire al Coro tale ruolo di protagonista è stato Riccardo Chailly, che ha scelto con sapienza le pagine del programma, integrando voci e orchestra con autorevolezza e nobiltà. Qualità eccelse, queste ultime, che hanno caratterizzato l’esecuzione dei pezzi esclusivamente strumentali posti in apertura di cinque sezioni corali, e precisamente; Sinfonia di Nabucco, Preludio di Ernani, Preludio di Macbeth, Preludio I di Il Trovatore e Sinfonia di La forza del destino, seguita dal non occasionale Coro “Nella guerra è la follia”. Stupendi inoltre alcuni ballabili, come quelli interni al famoso Trionfo dell’Aida.
Concerto veramente di altissima qualità artistica, che il pubblico numeroso, che riempiva la platea e la prima gradinata, ha seguito con insolita (per l’Arena!) compostezza e con palpabile partecipazione, accogliendo con applausi tutti i brani proposti e tributando alla fine un caloroso e prolungato omaggio all’indirizzo di tutti gli esecutori, ma in particolare del maestro Riccardo Chailly, che decideva di eludere per l’occasione il divieto toscaniniano “Alla Scala non si concedono bis” (ma qui non eravamo fisicamente alla Scala!) e chiamava Orchestra e Coro ad un breve fuori sacco da Simon Boccanegra.
Roberto Chittolina
Suggestiva immagine
dell’Orchestra e del Coro
della Scala in Arena: in basso
a sinistra il maestro Chailly
(in piedi), in alto a destra
la straordinaria luna piena