Festival areniano in grande spolvero
“Recondita armonia”: con la celeberrima aria del pittore Cavaradossi nel I° atto di Tosca di Giacomo Puccini si è aperto il Gala Kaufmann che la Fondazione Arena di Verona ha inserito nel calendario di questo 100° Festival areniano. Domenica 20 agosto il famosissimo tenore tedesco Jonas Kaufmann si è presentato dinanzi al pubblico che gremiva l’Arena – a occhio 9.000 spettatori! – per cantare l’aria pucciniana d’apertura, che in verità non offre al tenore un attacco molto facile: fatto sta che più che di “recondita armonia” s’è trattato di armonia…recondita, cioè nascosta, non percepibile, giacché la voce scura e non perfettamente intonata di Kaufmann tradiva una iniziale incertezza, risoltasi nel corso del brano, senza tuttavia guadagnare la morbidezza e la facilità a espandersi, quella liricità di canto che la stupenda aria esige e merita. Ma Kaufmann non è tenore lirico, tanto meno di “pasta italiana”! Ricordiamo ancora il meraviglioso Wagner che ci propose in tutta la prima parte del suo Gala 2022 e confessiamo che la sua voce, già di per sé baritonale, ci è parsa ulteriormente iscurita e “arretrata”, il che ci può stare con l’età che avanza – gli anni sono 54, ma non sono troppi per un tenore: si pensi a Gregory Kunde, che è tenore tuttora in gran forma a 70 anni! Pare di cogliere in Kaufmann qualche difficoltà di tenuta e si fa sentire sempre più quel suo modo di gestire la zona centrale del registro vocale, un modo carico di effetti, di emissioni apparentemente artificiose, di colori troppo ricercati, un modo in definitiva che suscita qualche perplessità nella critica e nel pubblico. In realtà il cantante è un ferrato musicista e un interprete personalissimo, sempre intento allo scavo della parola cantata e alla comprensione profonda del ruolo di volta in volta ricoperto. Forse esce così dai canoni esecutivi consolidati. Sono innegabili comunque, al di là di occasionali infortuni, la padronanza tecnica e, soprattutto, il fraseggio magistrale. Lo ha dimostrato nelle due pagine dall’Otello verdiano, il duetto con Desdemona dell’atto I° (“Già nella notte densa”), chiuso in falsetto sulle insidiose cinque “e” di “Venere splende”, e soprattutto il monologo del 3° atto “Dio mi potevi scagliar”, fraseggiato magnificamente con profondità psicologica e chiuso da un perfetto acuto squillante (O gioia!). Nel duetto citato Kaufmann era fiancheggiato dal soprano Sonya Yoncheva, lussureggiante vocalmente (e non solo).
Tra le due pagine ne era inserita una terza, sempre dall’Otello, il nichilistico “Credo in un Dio crudel” (2° atto), che introduceva il terzo grande cantante della serata, il baritono Ludovic Tézier, che da subito presentava le sue note credenziali di nobiltà di accenti, di raffinatezza stilistica e di intelligenza musicale, che ne fanno uno dei migliori baritoni in circolazione.
La prima parte del programma si chiudeva con due affascinanti pagine da Andrea Chénier di Umberto Giordano: Ludovic Tézier torreggiava nel monologo “Nemico della Patria”, cantato in modo ineccepibile, mentre Kaufmann e la Yoncheva sfogavano la loro migliore vocalità nel duetto finale dell’opera (“Vicino a te s’acqueta”).
La seconda parte del programma, come già avvenne nel Gala Kaufmann dell’anno scorso, accostava a brani d’opera o di operetta la canzone d’autore, il musical e perfino la colonna sonora. Kaufmann distendeva la voce con totale efficacia in due arie da operette di Lehar (Giuditta, Das Land des Lächelns), offriva una commossa interpretazione di “Maria” da West Side Story di Leonard Bernstein (da cui in precedenza Sonya Yoncheva aveva cantato, benissimo, Somewhere) e chiudeva il programma ufficiale con una canzone ricavata dal film Gladiator (musica di Hans Zimmer). Una finestra speciale era aperta sulla Carmen di Bizet, di cui erano eseguiti la celeberrima Ouverture, unica pagina strumentale del programma, la non meno celebre Habanera, affidata alla sorprendente vocalità da mezzosoprano di Sonya Yoncheva, bravissima sotto ogni profilo, e il popolare refrain “Toreador en garde” con quanto lo precede, che ribadiva la finezza stilistica, priva di qualsiasi ombra di scadimento, di Ludovic Tézier. Il quale Tézier si cimentava anche nella funambolica aria di Dapertutto (da Les Contes d’Hoffmann di Offenbach) e si univa ai due colleghi per un trio vocale impiegato in una fantasia ricavata, su musica di Ennio Morricone, dal film The Mission. L’unico duetto di questa seconda parte ha visto la Yoncheva e Kaufmann cantare insieme “Non ti scordar di me” di Ernesto de Curtis, a totale beneficio di un pubblico in visibilio.
Dopo tutto ciò il Gala poteva considerarsi concluso con grandissimo successo e ripetute chiamate al proscenio dei tre cantanti e del maestro Jochen Rieder, che, alla guida dell’Orchestra dll’Arena di Verona, aveva dato chiara dimostrazione di indiscutibili qualità direttoriali. Ma…il pubblico applaudiva, ma non accennava ad andarsene.
L’eponimo del Gala, Jonas Kaufmann, partiva per primo offrendo il capolavoro della sua serata: una magnifica interpretazione, piena di sentimento, dell’aria “Come un bel dì di maggio” dall’Andrea Chénier. Seguiva la delicatissima “O mio babbino caro”, dal pucciniano Gianni Schicchi, cantata con sfoggio d mezze voci dalla Yoncheva. Ancora Kaufmann nella solare “Mattinata” di Leoncavallo, non propriamente “di bianco vestita”, ma un po’ brunita da eleganti velature tedesche. Ludovic Tèzier giocava vittoriosamente in casa con l’aria “Venez ! Anges du ciel!” dall’opera Thaïs di Massenet. Poteva mancare “Nessun dorma“? Pronto Jonas Kaufmann, inesauribile. Ovazioni a profusione. Finito? No! C’è il sesto bis: Kaufmann e la Yoncheva intonano il Brindisi della Traviata, e non avendo calici con cui libare, lo ballano a tempo di valzer. Delirio in platea, che si alza, tutta, in plaudente standing ovation. r.c.