Eco del clamoroso gesto del medico di Guastalla
C’ero anch’io in piazzetta a Guastalla (sul Po, di fronte al Viadanese) al “rito di addio al lavoro“ – un gesto plateale, simbolico, contiguo alla goliardia – del medico di base Ugo Gaiani che ha voluto festeggiare il suo ingresso alla pensione prendendo a mazzate il telefono che per 39 anni era diventato il suo incubo. Prima e dopo la pandemia. Ughetto ha invitato i suoi pazienti (quorum ego) in corso Gonzaga, giusto davanti alla Pescheria Frigeri; ha disposto a cerchio la platea (150 persone), ha posato davanti a tutti un tavolino tondo, vi ha sistemato sopra il telefono del suo ambulatorio, si è tolto il camice bianco infilandosi in una maglietta con scritta “celebrativa” a perenne ricordo (“Voi lavorate pure, io sono in pensione”), ha impugnato una mazza da baseball, ha fatto una breve rincorsa, si è inarcato come faceva Joe Di Maggio negli amati New York Yankees prima di sposare Marilyn Monroe.
E poi, manco avesse di fronte gli odiati Boston Red Sox, ha scagliato la mazza sul telefono con una furia cieca e, al tempo stesso, divertita. Missione compiuta: telefono sbriciolato, pezzi schizzati in cielo e sul parabrezza dell’auto della Silvia (figlia dell’amico Mario), brandelli contesi come se fossero i calcinacci del Muro di Berlino. Applausi. È quello che cercava. Poi ha tirato fiato sotto il taccuino del vecchio cronista, uno dei tanti “sopravvissuti” alle sue energiche cure. E si è sfogato.
IN TRINCEA 39 ANNI
Ugo Gaiani con un gesto eclatante ha voluto rompere con un passato professionale portatore di stress, problemi, situazioni che hanno pesato sulla sua condizione generale. Ha fatto la guardia medica per circa 6 anni tra l’Appennino modenese e reggiano. Poi altri 33 anni come medico di base a Guastalla, cittadina ai confini tra Emilia e Lombardia. Dice: “No, non è tutta colpa della emergenza Covid. Più che la pandemia e il lockdown, diciamo che il peggio è arrivato dopo con il post Covid”.
Ha confessato al Carlino:” La gente, in generale, è diventata più cattiva, più maleducata. Molti rapporti si sono incrinati. L’emergenza sanitaria ha cambiato le persone. In peggio. Pazienti sempre meno pazienti. Il nostro lavoro non bastava mai. Dormivo pochissimo. Ero arrivato a lavorare 16 ore al giorno. Dovevo staccare la spina e l’ho fatto a modo mio”.
NE HA VISTE DI TUTTI I COLORI
In 4 decenni di attività medica ne ha viste di tutti i colori. “Certo, ci sono stati anche molti momenti positivi. Ad esempio quando qualcuno guarisce da una malattia. Ma anche quando arriva una coppia che ha fatto di tutto per avere un figlio e, all’ennesimo tentativo, con l’aiuto della tecnologia medica, vengono ad annunciarti che lei è incinta e che una nuova vita sta arrivando. È fantastico”.
E dopo la bella festa in piazza Ughetto si è concesso un giro sulla sua adorata moto sulle colline reggiane. Un giro in solitaria per dimenticare, tra le tante cose, una reperibilità – sempre rispettata – che era diventata un incubo. Il coronavirus ha lasciato profondi strascichi psicologici in chi ha dovuto combattere ogni giorno in prima linea contro il virus. Ma la storia del dottor Gaiani è finita con “la liberazione del medico”. Ed è finita bene. Auguri caro Ugo. E grazie ancora.
Enrico Pirondini