Silvio berlusconi non ha mai voluto venire di persona in città dove la piccola Forza Italia è forse destinata a sparire
Onore e gloria. A Silvio. Il Cavaliere errante. Per Mantova, il Cavaliere fantasma. Assente sempre. Mai una volta il divo in carne e ossa. Qui, nella capitale di tutto e di niente. Il Berlusconi che si inventa e si plasma a sua immagine. Unto solo di virgilianità nel convogliarsi con la donna-sposa di Moglia. Poi lasciata. In prospettiva di altri lidi da fidelizzare. Esplode Forza Italia, creatura che mancava nell’alcova.
Case, villaggi, calcio, televisioni, editoria. Eco di sua maestà emittenza, in questa landa sperduta e lagnosa, con la guerra di Segrate. Lodo Mondadori. Scontro giudiziario-finanziario con il De Benedetti che veniva nel nome di un ragioniere, questo sì mantovano, e di un antico giornale, questo sì, mantovano.
Frange. Unicamente frange di un SuperDuomo celebrato oltre ogni straordinario lutto. Licet una tantum. Vaga presenza del Cavaliere super omnes. Il vuoto, dopo di lui. Ma per i suoi fedelissimi mantovani – poco per volta persi in strade impervie – trenta anni di politica vissuti in isolamento da contagio politico.
Chiamato e venerato a più voci. Negli anni in cui democristiani e socialisti trasferivano le loro ideologiche ceneri e le speranze nel vento “forza 8” di…Forza Italia.
Pochi volti da ricordare (sempre perdenti) sotto la bandiera tricolore. Intonando l’inno fino a sovrastare quello dei “Fratelli”. Praticanti o amministratori pubblici velati di dubbia trasparenza, residuati e sopravissuti si contano oggi sulla punta delle dita. Forzisti dell’ultima ora rivendicano nei consessi comunali e provinciali l’appartenenza. Orfani di un Mastro don Silvio mai conosciuto. E quanti tifosi – ma dai! – che dopo avergli lustrato le scarpe in adorazione genuflessoria, sono scappati (per interessi) dal padre-padrone.
Girovaghi cambiacasacche. Premiati oltre ogni improbabile merito. Cariche ricoperte. Privilegi ottenuti. Popolarità guadagnata a sbaffo. Eppure, fatte le palle d’oro, ingrati e ingrate in un limbo di smemorabilia.
Altri forzisti, o pidiellini che dir si voglia, rintanati in quel fazzoletto di territorio di voti (valori percentuali da miserere: amen) gaudenti nell’aver trovato invitanti e remunerative posizioni di comando.
Dove sono le idee e i sogni di Berlusconi in questi politici mantovani? Hanno avuto l’eccezionale e insperata occasione di guidare la città. Più per fortuite circostanze che per merito. Breve durata. A distanza di tempo, qualcuno o molti di più sbottano: “Che cosa è rimasto?”.
Commissariamenti, sgradevoli e strumentali beghe interne in un movimento-partito che zoppica e che adesso ha perso la locomotiva. Al punto che la vera Forza di Mantova è patrimonio indiscusso e inviolabile di ex comunisti che giganteggiano tra tanti nani
Si avvicina – tra due anni – l’appuntamento con l’elezione del nuvoo sindaco del capoluogo. Non si vedono, nemmeno all’orizzonte, principi e damigelle in grado di aver appreso le lezioni – seppure idealmente – del Cavaliere Silvio. Nessuna proposizione, nessuna progettualità, nessuna propulsione. I messaggeri, dicansi coordinatori (maschi o femmine), inviati da Arcore – piazzati e manovrati via cavo – non hanno mai saputo insegnare il Verbo del Capo. Apprendimento faticoso.
Forza Italia si spegne con la morte del suo leader? Destino, forse, segnato in questa provincia che non si smarca dall’ansia di ottenere poltroncine e articolini su giornali o social.
Con la scomparsa del Cavaliere si parla di eredità da rispettare e valorizzare. Nella città dall’aulica cultura e dalla prestigiosa storia, l’azzurro turchese è sbiadito. Non si percepisce chi potrà guidare Forza Italia verso il rinnovamento con la potenza di fuoco necessaria alle urne. Parlare di centrodestra come macchina da gurrra in tale confuso contesto appare utopia. Le ultime elezioni provinciali e le recenti comunali hanno dimostrato che non si distinguono più ideologie e capacità di ascolto dei cittadini (astensionismo docet).
Non c’è un vero e credibile leader. Quello fantomatico – onnipotente e onnipresente (Mantova esclusa, appunto) – non ha mai tenuto in considerazione questo popolo. Sì, qualche telefonata di circostanza o miracolosa apparizione video, ben sapendo, dall’alto della magnitudine, che idee e sogni qui non trovavano gambe robuste e galoppanti. Probabilmente con la consapevolezza della congenita preclusione al sogno e alla sua realizzazione.
La scomparsa di Silvio Berlusconi porta alla luce tutto ciò che per anni non si è voluto dire o confessare. Per vergogna. Mancando ad alcuni l’intelligenza (reale e non artificiale) di avere a cuore la comunità e il suo benessere. Peccati che vengono a galla e che difficilmente potranno essere emendati. Troppi anni di lassismo e superficialità. Da oggi non si può continuare ad affermare: “Tanto c’è Berlusconi…”.
Il Guru non tornerà (tanto meno qui). Pertanto, piaccia o non piaccia, non sarà più festa per tutti gli amici. Alleluia!
Werther Gorni